Jessie Jeffrey Dunn Rovinelli dopo Empathy (2016) ritorna alla regia con un’opera sicuramente non priva di difetti, ma rivelatrice di grande sensibilità artistica. Il film racconta l’intrecciarsi delle vite di Tonia (Jessie Jeffrey Dunn Rovinelli), Franz (Thomas Love), Erika (Rachika Samarth) e Paul (Edem Dela-Seshie), in una comunità transgender poliamorosa della New York dei giorni nostri. All’inizio il rapporto tra i coinquilini appare come un idillio romantico, quasi utopico, ma quando Paul verrà ferito da un poliziotto durante una manifestazione il loro rapporto si incrinerà, rendendo necessaria la ricerca di un nuovo equilibrio.
La pellicola è un susseguirsi di momenti legati alla quotidianità intermezzati dalla cesura di interventi metanarrativi degli stessi protagonisti che offrono diverse chiavi di lettura per una maggiore comprensione del film. Così Erika già nei primi minuti ci rivela che So Pretty “è una storia su quattro persone che cercano di organizzare il loro amore senza rendersi conto che il loro problema è che il loro amore è già organizzato in esclusività, autodifesa e vita di coppia”. Questa rivelazione accorcia la distanza con lo spettatore e proietta in una dimensione esistenziale dell’amore inteso non solo in senso romantico, ma anche comunitario. Ed è proprio la vita in comune, la quotidianità dei quattro ragazzi, che rappresenta il punto di forza del film: la spontaneità e la genuinità catturata dalla cinepresa è tale da portare lo spettatore a pensare ai protagonisti come persone e non come semplici attori. In genere nelle pellicole le scene di vita quotidiana risultano talvolta noiose e rischiano di spezzare il ritmo narrativo; non è così in So Pretty, dove l’atto di preparare la cena in una piccola cucina, una chiacchierata quasi confusa tra tutti i coinquilini rimangono impressi e alla fine del film, nei titoli di coda, sembra quasi di dover dire arrivederci a cari amici.
Se la narrazione della vita di ogni giorno può essere annoverato tra gli aspetti meglio riusciti e più caratterizzanti del film, non si può dire altrettanto del racconto del loro amore. I loro sentimenti senza dubbio appaiono sinceri e non si può che provare empatia per le loro pene d’amore, ma in alcuni punti la narrazione appare troppo confusionaria e senza l’intervento degli attori che spiegano gli eventi della storia risulterebbe spesso di non semplice comprensione. Ciò da una parte spinge lo spettatore a non abbassare mai l’attenzione ma dall’altra la necessità di una spiegazione stride con la semplicità del racconto della quotidianità dei protagonisti. È innegabile tuttavia che l’aver puntato i riflettori su argomenti delicati e attuali come la transessualità, l’identità di genere e il poliamore rappresenti un’opportunità per sensibilizzare lo spettatore su temi purtroppo spesso oggetto di pregiudizi e ignoranza. Proprio l’attenzione per la routine mostra come la loro vita sia come quella degli altri giovani della loro età, ci si può sentire maschi o femmine o non identificarsi in nessuna delle due categorie, ma ciò attiene al rapporto di ciascuno con sé stesso, non deve essere motivo di giudizio – o peggio, di discriminazione.
Presentato nel 2019 alla Edimburgh International Film Festival e alla 69° edizione del Festival di Berlino, So Pretty è ispirato al romanzo So Schön (che tradotto in inglese significa, appunto, so pretty), di Ronald M. Schernikau. L’opera è inedita in Italia, ma è stato da poco tradotto in italiano “Canzone d’amore da un tempo difficile”, edito da L’Orma Editore, un romanzo scritto nel 1980 da un Schernikau ancora liceale, eppure già maturo e capace di far riflettere sulla ricerca della propria identità. Jessie Jeffrey Dunn Rovinelli omaggia lo scrittore e poeta tedesco e ne mantiene viva la memoria realizzando un film che, seppur imperfetto, non manca di bellezza. Ma cosa è il “bello” o, più letteralmente, il “carino”? Naturalmente non è possibile dare una risposta univoca o universale. Eppure, dopo aver visto il film, quando in un parco immerso nel verde i protagonisti si salutano, il cuore non può che sussurrare “so pretty”.