Siamo nel 1971. Deniel Ellsberg (Matthew Rhys), analista militare e osservatore durante la guerra del Vietnam, pubblica gran parte di un documento segretissimo (I Pentagram Papers), in cui si ammette la precisa volontà di ben quattro presidenti degli Stati Uniti di continuare la guerra nonostante le inesistenti possibilità di vittoria, con tutto quello che ne è conseguito.
The Post, però, non narra del trafugamento del documento, ma della sua pubblicazione da parte del Washington Post. In quel preciso momento storico, così complesso e difficile, al timone del quotidiano si trova una donna, la prima a ricoprire il ruolo di editrice per una testata giornalistica: Katharine Graham (Meryl Streep), che eredita dal marito la direzione dell’impresa.
Spinta dal suo direttore Ben Bradlee (Tom Hanks) e dalla sua insaziabile voglia di giustizia ed equità, la Graham non si lascia intimidire dalle sentenze della Corte Suprema che vieta al New York Times di pubblicare i Pentagram Papers (testata che prima della sua aveva tentato il colpo) e, rischiando la sua azienda che stava per essere quotata in borsa, contribuisce alla scoperta della verità. Da quel momento, ogni giornalista potrà pubblicare ciò che vuole, in nome di una libertà divenuta (almeno sulla carta) intoccabile. La donna non si lascerà scoraggiare nemmeno dagli inevitabili incidenti di percorso o dall’amicizia che la legava ad alcuni dei protagonisti della vicenda, come Robert McNamara, ministro della difesa all’epoca della stesura dei documenti.
A raccontarci una storia così forte e ancora incredibilmente attuale troviamo Steven Spielberg, da sempre attento osservatore della Storia, protagonista assoluta di molti suoi film fra i più recenti e non solo (Il ponte delle Spie, Munich, Lincoln, Shindler’s list). In una carriera da lui stesso definita a cavallo fra grandi blockbuster e film autoriali, il regista torna al cinema impegnato e lo fa al meglio, merito anche di una trama a lui così congeniale. I temi cari alla sua filmografia, infatti, ci sono tutti, portati avanti da personaggi sfaccettati ma sempre forti e sicuri delle loro scelte. La pellicola, infatti, si rivela un grande omaggio al coraggio di persone che si trovano, per puro caso, ad assumere il ruolo di “eroi”. Ma, soprattutto, permette al cineasta di occuparsi, ancora una volta, di argomenti come la comunicazione e l’importanza della parola, che permette di superare qualsiasi differenza e di far venire fuori la verità.
Nel cast, nel ruolo dei due protagonisti, troviamo altri due fuoriclasse: Meryl Streep, alla sua ventunesima candidatura all’Oscar, e Tom Hanks, che torna a recitare per il suo mentore e amico. Accanto ai due grandi attori, un cast di comprimari (Sarah Paulson, Michael Stuhlbarg, Bob Odenkirk, Carrie Coon) che rendono la pellicola un perfetto lavoro di gruppo.
Candidata agli Oscar 2018 come miglior film, risulta una pellicola recitata e diretta alla perfezione, che dosa impegno politico-sociale e vicende personali in una quasi perfetta ricostruzione storica. Alla quale si riescono a perdonare anche i soliti clichè tipicamente americani, primo fra tutti il finale reso buonista e struggente, e i difetti di una sceneggiatura calante in alcuni punti.