Il 26 Ottobre del 2007 Franz Jägerstätter, a cent’anni dalla sua nascita, è stato proclamato beato. Il suo martirio, il suo rifiuto di aderire al nazionalsocialismo in un’Austria pronta ad essere annessa alla Germania nazista, è rimasto simbolo di un eroismo che di rado viene celebrato, né tantomeno compreso. Dodici anni dopo la sua storia diventa oggetto dell’ultimo film di Terrence Malick, che con La Vita Nascosta – Hidden Life porta nei cinema (dopo una lunga pausa forzata a causa della pandemia, e purtroppo senza l’adeguata pubblicità che si meriterebbe) un’opera solenne di quasi tre ore sugli eventi che hanno toccato i destini di Franz, della sua moglie Fani e del tranquillo paesino di Radegund.

Franz Jägerstätter (un profondo e silenzioso August Diehl) è un devoto cristiano e un contadino immerso nella natura delle stupefacenti atmosfere dell’Alta Austria. Chiamato alle armi ad Enns, dopo aver chiesto aiuto al parroco della comunità (Tobias Moretti), si rifiuta di giurare fedeltà ad Adolf Hitler perché incompatibile con la sua fede. Se il sindaco di Radegund (Karl Markovics) si dimostra pronto a supportare l’avanzata delle truppe di Hitler per la gloria della “razza”, al contrario molti membri della comunità hanno paura di far sentire il proprio dissenso, temendo per la propria vita. L’unico a dissentire fermamente è il protagonista, che viene arrestato ad Enns e trasferito alla prigione di Berlino-Tegel. Le sue non-azioni si ripercuotono sulla moglie che lo ha sempre supportato, Fani (Valerie Pachner), che viene presa di mira da una comunità spaccata, mentre il mondo che li circonda sta per cambiare irrimediabilmente.

Con La Vita Nascosta il regista texano si affranca dall’indagine astratta per tornare su una narrazione più lineare e storicamente fedele, mantenendo comunque un’essenza spirituale e meditativa. Le musiche eteree di James Newton Howard accompagnano i dilemmi di Franz, che interrogano lo spettatore sul significato del libero arbitrio e sul coraggio delle proprie scelte. Tutto questo viene fotografato magistralmente in un drammatico contrasto: da una parte una famiglia immersa nella natura e nel gioco, dall’altra un uomo circondato da cemento e dolore. L’esperienza che Terrence Malick porta sul grande schermo è l’ennesima prova dell’importanza e della forza comunicativa della fede dell’uomo, della coscienza e del libero arbitrio insiti in ognuno di noi, e ciò è accompagnato dal suo stile visivo unico e inconfondibile, mescolando natura e tempo, esistenza ed essenza, unendo angosciosi filmati di repertorio a dolci cinguettii. Il cast quasi tutto tedesco contribuisce alla buona riuscita dell’opera, grazie anche alle toccanti performance dei compianti Michael Nyqvist e Bruno Ganz.

Malick, nel raccontare la seconda guerra mondiale, evita accuratamente di mostrare gli elementi più drammatici e militari del conflitto. Anche questo è un lato “nascosto” del lungometraggio, che preferisce concentrarsi sul rapporto epistolare tra Franz e Fani, da cui emergono le devastanti ombre della vicenda. Tale aspetto può risultare alquanto discutibile per alcuni, rallentando di fatto il ritmo della storia. Ma La Vita Nascosta è un film pregno di attese: l’attesa di un ritorno, l’attesa di una sentenza, l’attesa della fine di una guerra inutile e sanguinosa, violenta e lontana dalla natura dell’uomo. Ma soprattutto è una missiva precisa e dolorosa diretta alla società odierna, permeata da un odio sragionato e indifendibile, eppure insinuatosi profondamente negli animi di tanti uomini e donne. Da vedere, ma soprattutto da sentire.