Anni Sessanta: la scuderia Ferrari domina incontrastata alla 24 Ore di Le Mans, mentre la casa automobilistica Ford ristagna nella produzione su larga scala di veicoli a motore senza essere in grado di proporre novità di impatto sul mercato. Occorre innovare: occorre qualcosa che permetta alla Ford, ed in particolare al suo attuale presidente, Henry Ford II (interpretato da Tracy Letts), di lasciare il segno nel settore. Cosa rende la Ferrari così iconica, e cosa manca veramente alla Ford, che neppure la presentazione della elegantissima Ford Mustang le garantisce?
Da queste premesse, e dal tentativo fallimentare di una possibile fusione Ford-Ferrari, si sviluppa la trama di questo film che racconta i tentativi e gli sforzi degli imprenditori ed ingegneri della Ford di disegnare e realizzare qualcosa con cui sfidare la Ferrari, e vincere la scommessa, trionfando sui diretti avversari alla corsa di Le Mans. Una messa in scena dell’American Dream a tutti gli effetti, dove il risultato si conquista con la forza di volontà e il sudore della fronte. Il regista James Mangold, noto per le ultime due avventure in solitario del mutante artigliato Wolverine – L’Immortale e Logan, ma anche in grado di spaziare tra diversi generi come il thriller Identità e il western Quel Treno per Yuma; riesce dove le Wachowski avevano fallito con Speed Racer, ovvero dare dignità alle corse automobilistiche al cinema, riprendendo piuttosto quel dinamismo di Rush di Ron Howard, che però faceva della biografia il suo punto cardine. Il rombo dei motori, la pressione delle ruote sull’asfalto, ma soprattutto le riprese rasoterra conferiscono infatti alle corse l’azione e il realismo che gli spettatori di gare automobilistiche si aspettano e che riesce a coinvolgere anche il pubblico meno appassionato.
Tuttavia non sono solo le corse automobilistiche a rappresentare il cuore pulsante del film. Come sempre nella filmografia di Mangold, infatti, sono le vite e la psicologia dei personaggi i veri protagonisti: la caratterizzazione dei vari personaggi, realmente esistiti, con le loro azioni e scelte, e le prove degli attori coinvolti, contribuiscono a dare solidità al film. Oltre ai protagonisti Christian Bale (alla sua seconda collaborazione con il regista, dopo il già citato Quel Treno per Yuma) e Matt Damon, interpreti rispettivamente del pilota Ken Miles e dell’ingegnere e designer Carroll Shelby, fondamentali per lo sviluppo della Ford GT40; notevole è anche l’interpretazione dei personaggi comprimari come il manager della Ford Lee Iacocca (Jon Bernthal) e i due imprenditori Henry Ford II e Enzo Ferrari (quest’ultimo interpretato dall’italiano Remo Girone).
Il titolo italiano ancora una volta sovrascrive il più efficace titolo originale , Ford v Ferrari, che pone i due giganti dell’automobilismo in un confronto diretto che avviene dietro le quinte e a diversi livelli prima ancora che sul percorso di gara. Nonostante tutto, è all’interno della scuderia stessa che spesso si trovano i veri nemici e le vere contraddizioni. In realtà tutto questo poi scompare, perché al di là della sfida, delle rivalità e delle macchinazioni di chi è effettivamente a capo di ogni decisione, Le Mans ’66 è piuttosto una storia di tenacia, di passione e conquista; ma soprattutto, una storia di amicizia.